Federico Zeri
Giudizio espresso, con lettera da Mentana del 21 aprile 1992, dal prof. F. Zeri, a proposito di un ritratto eseguitogli con firma Jbare da Ugo Bortolin.
Fra i tratti distintivi della pittura di Jbare ha particolare incidenza - in quanto elemento genetico di trasfigurazione lirica e di trasposizione fiabesca - la luminosità della cromìa, ottenuta attraverso il sapiente impiego di varie sorgenti di luce, ora spioventi dall'alto con suggestivi effetti epifanici, ora emergenti dal basso: da oggetti, e più ancora da figure umane disposte in rilievo plastico su sfondi di misteriosa evanescenza. "Come la luce rapida/ piove di cosa in cosa,/ e i color vari suscita/ dovunque si riposa...". È a questi versi del Manzoni, cantore della Pentecoste, che abbiamo pensato leggendo i quadri di questo giovine pittore, che nelle ultime tele si è indugiato con fantasia amorosa sul tema dell'arcobaleno, assunto ad emblema della speranza di una finale riconciliazione fra la storia degli uomini e il disegno divino.
Ed ecco un'altra peculiarità del discorso di Jbare: la tensione religiosa che investe e solleva in uno spazio di trasognamento onirico (lo spazio psicologico della preghiera) il materiale assunto dalla realtà cronistica ed esistenziale del nostro tempo, affrancandolo, nella resa artistica, dalla banalità di un troppo meccanico ricalco. Jbare è signore della tecnica disegnativa (si noti la puntualità con cui restituisce certi tratti oggettuali o la tipologia del volto umano nel vario atteggiarsi della sua fisicità). Ma sa benissimo che la precisione del pittore è altro dalla diligenza del fotografo e consegue diritti di cittadinanza nell'universo poetico solo quando sia lievitata da un'emozione che non appartiene alle cose ma all'anima dell'artista. E così il realismo di Jbare è sempre pronto a ribaltarsi nel suo contrario: a librarsi nel surreale e nel metafisico, accarezzato o artigliato da quella luce che nella fantasia del pittore è, insieme, strumento e fine. Tuttavia non può ragionevolmente parlarsi di Jbare come di un pittore surrealista tout court, perché nel suo discorso l'aquilone del sogno è pur sempre legato alla concretezza del primo impatto con il mondo. Di qui l'appassionante ambivalenza della pittura di Jbare, plastica ed aerea, evasiva e relazionale, palese e segreta. Come è, appunto, la luce. Senza riconoscibili ascendenze di scuola, quest'arte spontanea e macerata, sorgiva e costruita con puntiglioso riguardo alle alchimie dello stile, va a collocarsi nel solco tracciato dall'ultima generazione di pittori colti e disincantati, che hanno scelto, fra tante confusioni e fumisterie, un linguaggio equidistante dallo spontaneismo del falso naïf e dalle radicalizzazioni del cerebralismo sperimentale.
Renato Filippelli
Formazione: Bortolin ha frequentato l'Istituto Statale d'Arte dell'antica Suessa, Ora è professore di Arti Figurative in alcuni istituti scolastici della sua terra ed è membro autorevole dell'Associazione Culturale "Cristoforo Sparagna" di Minturno. Jbare appartiene a quella schiera di pittori "folli", che ama porsi controcorrente, anche se essere "contro" le tendenze di mercato, non sempre significa esserne fuori; può significare, invece, ed è questo il caso del maestro, essere persona da collocarsi in un limbo di genialità, ovvero nella domus di Orfeo. Egli impagina le sue opere con profonda autobiografica riflessione interiore, interpretando la natura, mai fotografandola. Per questo nel suo descrittivo lirico è sempre alla ricerca di una sua dimensione di uomo/artista, che lo porti pittoricamente ad una irrealtà metafisica, tesa a rappresentare un inconscio collettivo. Bortolin è un uomo del nostro tempo, un artista che affronta l'arte con un linguaggio proprio, diretto alla ricerca di tematiche innovative, tipico artista della Nuova Figurazione Italiana, forse già nella New Age europea. Nel passato questo autore era solito dipingere grandi opere facendo uso di lenzuola e di tele in maniera quasi casuale, per rappresentare figure mitologiche, scene immaginarie di civiltà sconosciute ove figure, personaggi, animali, alberi, appaiono rappresentati con significati perfino inquietanti. Nella esecuzione di questi lavori, sperimentando nuove tecniche, lasciava che la materia assorbisse il colore in maniera casuale, quasi a suscitare nello spettatore un senso di sgomento; era questa, forse, una sua ricerca di contrasto e di ribellione nei confronti di una società borghese e classista, che confonde la follia creativa con la pazzia dei dementi e dei mestatori saccenti. Alla gogna i malevoli.
Era questo il tempo in cui il pittore ricercava una sua sofferta dimensione nella contezza di trovarla attraverso il messaggio pittorico. Oggi Ugone si presenta come un "homo novus"; affronta l'arte con un linguaggio innovativo, dove colore e personaggi sono rappresentati in chiave personalissima. I suoi turchesi verde-montani, orange graduali, bluette, viola mezzanotte, intervallati da chiari appena accennati, hanno rinnovato la sua tavolozza. L'uso, poi, di tecniche cromatiche sperimentali l'hanno portato ad impaginare sorprendenti rappresentazioni tematiche, in netto contrasto con le opere di antica maniera. Ora utilizza brillanti colori che, impastati direttamente sulla tela, ovvero all'uscita dall'argenteo cilindretto, gli consentono di ottenere sorprendenti equilibri cromatici. Appaiono così dalle sue tele, in chiave surrealista-simbolista, figure a cavallo che si stagliano su sfondi lunari irreali, mentre il cielo è solcato da astronavi in viaggio verso il futuro; opere suggestive, soprattutto quando l'artista staglia sulla tela in trasparenza fasce verticali policrome, dove le scale cromatiche degradano e si accentuano con naturalezza e trasparenza poetica, come in un linguaggio musicale. Bortolin pur rinnovando la sua tavolozza, rimane autore di una pittura emblematica, nella quale lirismo, sogno ed inquietudine sono sempre presenti. Forse il suo segreto sta proprio nella sua imprevedibilità. La sua personalissima poetica, così capace di emozionare e rapire l'attonito spettatore, non mancherà di collocarlo, alle soglie del terzo millennio, in un ruolo di primo piano nel panorama artistico italiano.
Antonio Sorgente
Roma 1º Settembre 1998
Venuto dalla scuola d'arte affronta problemi sociali: la guerra, l'ingiustizia, la prepotenza, la rivoluzione. Nei suoi quadri domina il bisogno di condanna, la presa di coscienza del suo stato in opposizione alla ferocia che si esercita sull'uomo. E intanto avverte un desiderio di uscire da se stesso, di liberarsi dello stesso bisogno di accusa, additando liberi spazi percorsi da luce aurorale. Bortolin, dalla contestazione del '68, dalle ricerche delle avanguardie, ha tratto quasi d'istinto l'avvio per la sua espressione artistica. Attento a ogni sommovimento esterno, ha vissuto prima dentro il dramma che c'è in ogni uomo: il primo bisogno di liberarsi dalle insorgenze del male, la paura di soccombere alle forze dell'ignoto. I suoi dipinti brulicano di stacchi, di aggetti, di fratture (a parte il loro significato oggettivo) che denunciano la drammaticità del suo stato d'animo. La considerazione che il mondo non offre alternative alla condizione di sopruso di tanti esseri umani, gli fa sorgere il dubbio che forse anche l'arte non ha spazio, non ha significato, non serve. Eppure non desiste. Nutre, evidente, la speranza che almeno per lui la denuncia dell'orrore serva a liberarlo dall'inferno esterno e interno e a guidarlo a una purificazione che lo porti da una parte alla definizione della propria imbattibilità di scelta vitale e dall'altra a una maturazione di uomo e di artista.
Carmelo Bonifacio Malandrino
BORTOLIN si muove entro i confini di un surrealismo che sfiora a monte l'espressionismo astratto e a valle la pop art internazionale, talvolta i neodadaismi più vicini alle correnti dell'arte concettuale. Pure, l'artista mantiene una propria autonomia espressiva e ispirativa, al di là dei numerosi agganci stilistici che è possibile ravvisare con le avanguardie più o meno recenti. Un diffuso, quasi iniquo e tuttavia indefinito e indefinibile sentimento dei drammi umani caratterizza la sua arte. Che appare, fin dalle prime battute, come percorsa da una dolorosa concitazione, da uno stremato turgore di forme e figure, entro spazi desolati e immoti, senza limiti o definizioni di storia o di tempo. Sicché appare mondo senza speranza quello di BORTOLIN, chiuso nel dibattersi delle carne e delle sensazioni. E' difficile comprendere dove termini, nella pittura dell'artista minturnese, il dramma sociale e dove cominci quello esistenziale. Anzi, sembrerebbe che BORTOLIN si muova, soprattutto nei quadri di matrice pop, da una primitiva intenzione di sostenere la denunzia di una società violenta, consumistica e capitalista. Pure, al di là dei simboli, vibra l'allucinata desolazione di paesaggi senza connotazioni urbane, dove persino la materia appare straziata, mentre vibrano di accesa e dolorosa sensualità figure aggrovigliate nella solitudine.
Giorgio Agnisola
Numerosi riconoscimenti e premiazioni testimoniano la bravura di UGO BORTOLIN pittore. La sua impronta neofigurativista è andata delineandosi sin dai primi anni della gioventù, il suo stile è encomiabile per forme e colori: tratti leggeri si alternano a tratti marcati nelle grafiche a pastello, toni accesi a toni morbidamente sfumati sulle tele. Osservando le sue opere si entra immediatamente in un mondo sensibilmente sconvolto dalla realtà contemporanea. Le tensioni sociali dei nostri giorni, l'egoismo e l'indifferenza inquietano il suo animo: stimolano l'artista alla composizione, lo ispirano. Come vediamo in "Emigrazione", "Solitudine", "Umanità dolente". Egli riesce a dare vita a dolorose "figure deformate", armonia a cose rappresentate nel loro lento decomporsi. In sintesi nei suoi quadri, di elevato livello cromatico, ritroviamo il dramma di una umanità dilaniata dalla violenza, dalla furia delle lotte; sopraffatta e a volte rassegnata. Le decise e chiare creazioni pittoriche di BORTOLIN servono a lui anche come sfogo liberatorio di ciò che intimamente lo angustia.
Vittorio Di Nola
Pittore
«Il quadro Notte Incantata a Minturno di Ugo Bortolin, cui viene assegnato all'unanimità il secondo premio, si distingue per il paesaggio reso magico dall'uso molto suggestivo di luci notturne sfumate, e come sognate, accese dalla luna e dall'arcobaleno. Il pittore è riuscito a creare un'atmosfera surreale di notevole pregio artistico».
La Giuria del Premio
Pittura dal forte impatto visivo che utilizza corpi e strutture/linee in forme astratte e colorate, arte che prospetta l’idea di un “mondo nascente”, che illustra arcobaleni e raggi di sole, linee morbide e colorate che profilano sospese visioni cittadine. La ricerca di una forma pura impone lo sviluppo di una pittura lirica abitata da strutture e persone. Da sempre l’arte impone novità, la costante vibrazione dello spazio nascente umano. Si tratta di uno stile espressivo meditato/razionale, poetico e descrittivo. È così che Bortolin può superare una verità non soltanto paesaggistica e raggiungere una narrazione pittorica ricca di profonde vibrazioni spirituali.
Giuseppe Errico
Sabato 13 Giugno 2015
Il rigore di un doloroso pensare: ecco in sintesi il senso di questa profonda, accurata, amara poesia, irta di contraddizioni e illusioni da cui, di volta in volta, emerge l’autocompiacimento o il ripiegamento distruttivo in se stessi. Anche il poeta si include in tale errare, mirando a salvaguardare la propria integrità mentale attaccata dai perché. Splendida l’immagine universale, plastica, orrenda e veritiera del putrido e marrognolo vapore del pianeta, cui l’autore approda dopo una continua e ossessiva ripetizione di quanto non va nel tutto e in sé. Assistiamo così al transito del suo afflato dalla mesta razionalità della constatazione alle magnifiche sfaccettature della visione lirica. Il messaggio cristiano, che egli ritiene salvifico in quest’orda di sforzi proiettati verso l’oscurità o il nulla, viene dimenticato, o meglio, rimosso dall’ansia consumistica che trasforma un oggetto, il portafoglio vuoto, in soggetto antropomorfico, con occhi che implorano l’ambizione di un acquisto, o magari no. Tutto è accalcata e lucida mescolanza di intenti filosofici, morali, psicologici, esistenziali, che qualificano una personalità acuta e inesorabile nelle sue riflessioni, ma anche preda delle conseguenti, molteplici angosce. Davvero un artista che non conosce incuria, passività e che ricambia questo mondo sconquassato con la propria virulenta e dissacrante vivisezione. Poeta vero, e pensatore forse anche più vero, in un’epoca di teatrale superficialità, mosca bianca che grida allarme con denunce assolutamente condivisibili, Bortolin merita rispetto, apprezzamento, ammirazione.
Luigi Recami
23.11.2021