Buiotempo

Pino Marino

io somiglio a quel pino marino
èrtosi sullo strapiombo del colle,
cresciuto con radici
nella dura scogliera penetrate,
con linfa succhiata alla pietra,
là dove più batte ponente
e sfuriano gli scrosci
(aggiungono torture altri venti).
Io sono quel pino marino,
piegato e contorto, che resiste
- pari abbiamo il destino -.
E tuttavia, come lui, anch'io
sono stato talora frastornato
da luci ammalianti, addolcito
dall'altrui bellezza. Ogni tanto.
Talora mitigata è sopraggiunta
persino degli oceani l'aria
fredda e turbinosa. Raffrenata.

E tuttavia, chissà se un giorno,
lui ed io, fiaccati, cederemo!
Chissà se noi ci spezzeremo!
Oppure, per quanto abbruttiti,
abbassati, la lotta
continueremo

Ugo Bortolin

Plenilunio

sei sempre tu, o luna,
che nelle notti ampie di plenilunio
i miei pensieri irradi.
Ti effondi nel mio cuore.
Tutti i razzi, scagliati
verso di te, non hanno
sminuito la tua importanza,
non t'hanno spodestata
dal trono del cielo notturno.
La luce che hai non hanno spento
- la tua alba viva infiamma il bosco
sul profilo lontano dei monti -.
Comunque tu, oggi umile regina,
ancora svolgi il tuo ruolo
di fedele compagna
nell'aria inquieta degli uomini scossi
«a te ùlula il suo dolore
il cane abbandonato».
L'orma dell'uomo, che si è posato
su di te, il vento solare
non l'ha spazzata via
(l'avevi presto chiusa nel tuo grembo,
come di madre; come a conservarla:
preziosa, in uno scrigno - prezioso).
Tu non tradisci; tu non abbandoni.
La tua pietà allunghi,
insinui la speranza tra le pieghe
della malinconia.
Tu allarghi i cuori aspri
al futuro chiarore dei giorni

Ugo Bortolin

Buiotempo

del mondo, disposto a vani spiragli,
vanno gli uomini alle illusioni.
A un amaro, talora arduo fonte.
E pur piegano il capo
su pietose preghiere,
su litanie addormienti.
Sospingono per strade irte
statue di cera che di rinnovato
pagano sanno.
Di distrazione dal divino AMORE
per nuove, ammalianti idolatrie.
Vanno gli uomini verso l'ignaro,
l'oscuro. Ciechi essi si compiacciono.
(La lira di un poeta potrebbe
vibrare, franca cantare la voce
quelle immagini plastiche e vive.
Quei cortei commossi).

Tuttavia ciò che è noto è di CRISTO
il miracolo. Vènti
placati e onde! Plaghe sanate!
O il prodigio cadenzato di Dio:
il sole che trafora:
appena dopo l'alba.

Non è più la cristiana
Pietà che allusinga, che seduce,
non è più la PAROLA
che illumina e che ammaestra
le anime degli uomini sperdute.
La PAROLA è rimossa.
L'uomo erige se stesso
sul piedistallo. Di sé si compiace.
Si esalta. Si proietta verso il cielo.

In quanto a me: ho cancellato
(inconsapevole od ostinato?)
Il vento nel canneto dal canneto,
tento di cancellare
ciò che riaffiora a disturbarmi;
che mi rimorde. All'anima e alle ossa.
Dal putrido e marrognolo vapore
del pianeta, cui approdo, mio malgrado,
ADESSO IO SCORGO (insisto):
un portafoglio vuoto con gli occhi
saccheggia le vetrine TRABOCCANTI!

Di lontano: non àrano più il campo
gli uomini con lento bue. Ai loro
discorsi (più meccanici dei ròbot)
hanno tolto le virgole, i punti,
per un complicato dettato
che confonda i più, che impressioni.
Che stupisca e distragga!

Lasciano qualche volta
gli uomini città dove più non vanno
tram che non inquinano, dove
non sfreccia la Ferrari, ingorgata.
Dove più non si muove
tranquillo e agile un piede.
La ruota che copre i marciapiedi
di tanto in tanto affonda
nella buca del greto,
nella pozzanghera. Di tanto in tanto:
da un cuore svuotato
di cuore: CRISTO è rimosso. Lasciato.

Sulla mia pelle, e sui miei occhi,
flagellati dal vento, e dal tempo,
si fa notte. Notte pensiva

Ugo Bortolin

Io Tesso Le Lodi

mentre io tesso le lodi al mio Nume
Tutelare, astiosa
e frivola, una donnina
che veste da maschera brutta faccia,
sempre ambiziosa di stare al centro,
mi fa un controcanto dissonante.

Della mia mano, votata a soave
femmina, vera, ella non riceve
il favore, allora
le trame della vendetta ordisce.
Solfeggia argentine
calunnie che facili vanno,
vengono recepite in un ampio
giro di ciocie, di professionali
e pronti derisóri, di conviva
laschi e goderecci.
Pure per gioco: ella mi dileggia.
Gratis. Giornali vistosi e riviste
di falsità compone
dal basso della sua deliziosa
antipatia - e spiritoso rancore -,
sgrana eleusini rosari
per le orecchie allungate in attesa
di gustosi pettegolezzi
- chi si prende la briga
di segnare il confine
tra facezie e accuse infondate? -
(Tu, CRISTO, non volesti
allargarle la mente, e il cuore!).
«Però, replica Giobbe: - Chi denunzia
un amico, sì che diventi ingiusta
preda altrui, gli occhi vedrà venir meno
dei suoi figli».

In macchina, io orbo:
non arrischio la vita di una bella
donna, nemmeno per darmi il piacere
di un leggiadro passaggio.

Chissà se quella brutta ballerina,
chissà se colei mai rimanda
a Dio un pensiero contrito,
se mai invoca di Dio l'aiuto.
Io appartato: cristiano e fedele
il più possibile (secondo forze
che mi concernono): da circo equestre
raro animale

Ugo Bortolin

Noi Non Risolviamo

è stato in un tempo di albe liete
e di correnti d'aria sane e fresche,
di rivi ridanciani, quando uccelli
ancora sonnolenti
non avevano tratto
melodiosi arpeggi
dalle corde argentine delle loro
lire, che noi abbiamo proiettato
fiabesche fantasie, che con gli occhi
nostri abbiamo penetrato ville,
palazzi e grattacieli, scavalcato
baracche di esiliati, sopra colli
alberati e fioriti, abbondanti
di frutti e soffici prati, sui quali
ruzzolare, abbiamo noi svariato.
Ci siamo sdraiati noi a gustare
lo zucchero filato che si muove,
ora lento ora lesto,
e si trasforma in cielo.
Di notte ci siamo sentiti
mancare nel volare tra le stelle.

Oggi possediamo una mano stanca.
E sappiamo dell'erbe ondeggianti,
del mare rapinoso, dell'incerta
vita dei trascurati,
delle torture che incombono, solo
da eremi distanti
e per interposta persona.
NOI NON RISOLVIAMO.
Poca cosa è essere ostili,
ogni tanto, a voci di lontano,
e a rumori di ìlari calunnie.
A uno scolorato
silenzio ci dispone il destino
dall'uomo disegnato, e dicembre
nevoso annulla il rintocco
dal selciato dei nostri frusti tacchi.

Meno male, o Cristo, o Signore,
che Tu non ritrai la grazia
con cui, sin dall'inizio,
ci hai catturati e ci perdoni

Ugo Bortolin